"Vino Autoriale"

   

Coltivare: una parola meravigliosa. Un gesto che è coltura, quando la nostra attenzione è rivolta alle piante. Diviene cultura, quando è rivolto a noi, come esercizio intellettuale. Assurge a culto, quando si rivolge allo spirito.
Il vino contiene in sé tutto ciò, materializzando coltura e cultura e, talvolta, divenendo esso stesso elemento di culto. 

   

Granò

Qualcuno lo vede giallo, come il mais (il granò), altri arancione, come la nespola. Alcuni riconoscono l'ambra, altri il rame. Lui, in realtà, è quello che è agli occhi di ciascuno di voi. Non solamente nel colore, ma anche nel profumo, nel tatto e nel gusto. I sensi generano sensazioni e non dati oggettivi. Guardatelo, respiratelo, toccatelo e bevetelo, ciascuno di voi attraverso i propri sensi. Capirete il motivo per il quale ciascun vino sia unico: perché è lui attraverso voi. Possiamo scrivere che sentiamo note di albicocca disidratata. Possiamo raccontarvi che è nato sotto terra, in anfora, e che è cresciuto in strane botti di legno. Possiamo confidarvi di essere convinti che continuerà a crescere in bottiglia, per tanti anni ancora. Quante cose potremmo comunicarvi. A noi piace berlo alla temperatura di 18°C, con formaggi stagionati, ma è bello immaginarvi mentre lo bevete senza cibo, un po' più caldo, restituendogli la millenaria essenza del vino: quella di alimento. Ci basterebbe sapere che vi piaccia.
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Fujà

Immaginiamo di sentir leggere, in sequenza, i nomi di questi undici vitigni, come faceva Bruno Pizzul, quando snocciolava la formazione di una squadra di calcio. Sapeva trasformare un elenco di nomi in una sorta di poesia futurista. Fujà è una squadra. Ciascun vitigno esprime, con determinazione, il proprio ruolo. In questo momento, Fujà sviluppa la propria azione sulle fasce laterali della lingua, dove i vitigni tannici supportano il genio creativo degli aromatici, in attesa che la finezza finalizzi il lavoro d'insieme. Ci vorrà, ancora, qualche tempo ma la Barbera garantisce la longevità della squadra. Don Antonio, vecchio capitano, modera e stempera gli umori giovanili. Non vi consigliamo una temperatura di beva. Quando, stringendo la bottiglia, le vostre mani percepiranno il vetro fresco, vorrà dire che andrà bene così. Il rispetto per la grande moltitudine di abitudini alimentari, diete terapeutiche e stili nutrizionali etici ci impedisce di indirizzare la vostra scelta in termini di accostamento al cibo. L'esuberanza di Fujà suggerisce il confronto con piatti dai sapori forti, dove la parte grassa giochi un ruolo di spicco e necessiti di essere contrastata, per preparare la vostra bocca a nuovi sapori. L'ultimo consiglio: non ascoltateci. Fate di testa vostra.
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Cimento

E' sostanza materiale, dotata di peso. A tal punto che, in lingua inglese, il sostantivo “concrete” indica il calcestruzzo. Non è un caso, forse, che Cimento sia nato e cresciuto in vasi vinari fatti in cemento. Della pietra, in cui ha vissuto, evoca molti sentori che ne caratterizzano lo spettro olfattivo: la mineralità del sasso asciutto e l'aroma iodato dello scoglio bagnato. Dal mondo inanimato dei minerali, i profumi di Cimento si avvicinano a quelli propri del regno vegetale, evocando le note affumicate delle torbe fino ad arrivare a ricordare i sentori delle foglie di tè essiccate e la fragranza dei fiori di camomilla. Non abbiate timore dell'opulenza gustolfattiva di Cimento; è potente, certamente, ma sa essere altrettanto gentile. Meglio ancora, è cortese, per lignaggio, come il vitigno che lo ha generato.

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Losco

Giovedì, 1° ottobre 2020, l'abbiamo interrato, per la prima volta. Un'anfora georgiana, della capienza di 1700 litri, è stata riempita del suo mosto e delle sue bucce. Per 7 mesi, è rimasto confinato nella terra caucasica, separato da questa da un sottile e diffuso strato di cera d'api.

Un pesante disco di pietra, posato sul collo dell'anfora, è stata l'unica barriera interposta fra l'interno e l'esterno.

Due follature quotidiane, per i primi 10 giorni di fermentazione tumultuosa e, successivamente, il confinamento verticale delle bucce, per la prosecuzione della macerazione, in condizioni di cappello sommerso.

Trascorsi 7 mesi, il vino è stato separato dalle bucce, per sgrondatura, e travasato in vecchi tonneaux da 500 litri, dove è rimasto, prima dell'imbottigliamento, fino ai primi giorni di settembre 2021.

In questo modo, è nato il primo vitigno derivante dai colli Tortonesi, ottenuto per lunghissima “infusione” delle bucce nel vino; un vino unico.

Lo spettro gusto-olfattivo è coerente con una vinificazione che non è volta ad estrarre profumi e sapori dalle parti solide ma che considera queste come elemento essenziale di un equilibrio da ripristinare e preservare, unitamente alla frazione liquida, il più a lungo possibile, come accadeva nell'acino, prima della sua rottura.

L’aspettò più affascinante di Losco è il suo peculiare rapporto col tempo.

«Fugit irreparabile tempus». Virgilio descriveva in questo modo l’inesorabile fluire del tempo. Molti uomini desiderano ritardarne lo scorrere. Pochi cercano di anticiparne lo svolgimento. Noi siamo fra questi ultimi.  Losco incarna il desiderio di rendere presente il futuro, di bere, in anticipo, cio che sarà; un wine-gate temporale che consente di godere di un equilibrio sensoriale inimmaginabile, per un vino di tale età e con una singolare storia alle spalle.

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1955

La vite sopravvive a colui che l’ha messa a dimora.
In questo modo, si sottrae all’idea di proprietà, di
possesso, così cari all’uomo.
È sconosciuto il nome di colui che impiantò il vigneto
da cui ha origine questa bottiglia di Barbera; era il
1955 e molti di noi non erano ancora nati.
Da allora, di stagione in stagione, le viti hanno
sempre fruttificato e qualcuno ha trasformato le loro
uve in vino, ogni anno.
Ora, è nostro compito farlo.
Il pensare che quelle viti facciano scorrere la linfa,
nelle loro vene, da quasi 80 anni, fa divenire le uve
generate un prodotto del tempo, un elemento della
memoria, quella di noi tutti.
Un’anfora, in terracotta, preserva, per nove mesi, la
gestazione del vino, a contatto con le bucce che lo
contenevano in milioni di bacche mature.
L’anfora, interrata, evoca una dimensione sacrale,
perché mantiene una connessione vitale fra il vino
e la terra, come fosse una immaginaria placenta
che garantisce il respiro, lo scambio metabolico fra
il prodotto dell’uomo ed il misterioso mondo delle
potenze ctonie, terrestri.
Ecco, dopo il tempo vi è il sacro. Sono le uniche due
cose indisponibili al potere del denaro.
Ve le doniamo, entrambe, nella bottiglia che
porterete a casa.

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Corteggio

 Il nome di un vitigno, talvolta, delinea i tratti
caratteriali del vino di cui è origine. I latini direbbero:
nomen omen. Cortese.
Un aggettivo che ha un etimo comune col verbo
corteggiare; evocazione di gentilezza, grazia,
armonia, innamoramento, suadenza, relazione
amorosa. Questo vino suscita, in noi, tali sentimenti,
nel momento stesso in cui i nostri sensi vi si
immergono. La sua beva è un gentile corteggio.
Come un uomo sembra somigliare, nel tempo,
al cane che sceglie, così noi ci identifichiamo,
sempre più, in un vitigno che, con giurata fedeltà,
accondiscende ai nostri desideri, alle nostre
aspirazioni.
Desideriamo un vino la cui personalità non sia
prepotente ma persuasiva, un vino che non sia
esclusivo ma accogliente.
Come fosse un trailer degustativo, vi anticipiamo
due descrittori olfattivi che pervaderanno il vostro
respiro, durante l’assaggio: pietra focaia ed
essenze vegetali del mare. Fuoco ed acqua sono
gli elementi di un vino in grado di accendere i nostri
sensi e, nel contempo, di armonizzarli nell’alveo del
nostro fiume emotivo.

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Derthona, il timorasso


Umberto Lucarno e Claudio Bruno per Cantina Mezzacane

Derthona Fontanalbina

Contaminazione, terre di confine, riscoperta di radici antiche, è quello che rappresenta il Timorasso, vitigno autoctono prodotto al di fuori dei confini regionali, ma all'interno di un'area appenninica che con la Valle Staffora ha in comune la cultura contadina, il terreno l'aria e il cielo; questo pensiero ci ha affascinato, e ci ha portato a credere in questo vitigno dimenticato.

La sua particolarità la sua eccentricità si percepiscono già dal colore, quando i riflessi verdi si confondono nell'oro, quando le sensazioni tattili in bocca fanno percepire calore, morbidezza, equilibrio e persistenza; percezioni esaltate dalla temperatura di servizio, che non dovrà mai essere troppo bassa.

Questo è un vino che si “ottiene”, è sufficiente non calpestarne il grappolo, dobbiamo solo rappresentarlo, per far esprimere al meglio la grandezza del vitigno.

Bianco longevo, che evolve in maniera sorprendente ed intrigante, cosi da renderlo adatto ad abbinarsi, a quello che più vi piace, senza stereotipi e preconcetti; fino a diventare vino inteso, che può accompagnare il vostro intimo e personale percorso sensoriale.

“a Garbagna, durante un mio viaggio bevvi vino bianco buonissimo, pieno, armonico, viperino....” Luigi Veronelli.
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